Origini e storia Il Calabrese rappresenta il re dei vitigni della Sicilia. Nel suo nome non è racchiusa la terra d’origne, appunto Calabria, come si […]
Le Origini
Dominata dal verde scuro dei boschi della Sila e dall’azzurro luminoso del mare, la Calabria si colora del rosso vivace del peperoncino che rende stuzzicanti tutti i suoi piatti e prodotti tipici.
Una storia antica e difficile, quella calabrese, che si ritrova nei tratti scolpiti e volitivi dei Bronzi di Riace.
Fino alla fine del secolo scorso, in Calabria il vino era considerato un alimento per le classi meno abbienti e un legame con la propria terra per i tanti calabresi nel mondo.
L’isolamento non voluto, la mancanza di concorrenza tra i produttori, la domanda interna a limitate disponibilità economiche, relegavano il vino calabrese a fanalino di coda dell’enologia nazionale.
Negli ultimi dieci anni la Calabria ha cambiato volto e propone gradevoli vini di tradizione, che esaltano le doti del gaglioppo, accanto al magliocco e a nuove, interessanti produzioni, con aziende consapevoli di una realtà vitivinicola, climatica e territoriale che può dare vini originali e di carattere.
Gli studi innovativi sul patrimonio ampelografico di qualche produttore illuminato e una maggiore comprensione della materia prima, hanno portato alla rinascita del vino calabrese. In tutto questo emerge il dualismo tra coloro che continuano a esprimere la tradizione, per valorizzare le doti dei vitigni locali in purezza, e coloro che hanno abbracciato l’impiego di uve internazionali, per elaborare vini sempre più morbidi e accattivanti.
La cucina calabrese è prevalentemente di terra, insaporita dalla dolce cipolla di Tropea e dalla proverbiale piccantezza dell’ubiquitario peperoncino, che complica un po’ l’abbinamento con il vino. Come accade per un piatto di stuzzicanti spaghetti aglio, olio e peperoncino, da provare con un fresco Cirò Bianco. La pasta e patate alla tiella o le lagane e ceci, appena piccanti, si completano con un Magliocco Rosato, mentre le costolette di maiale in padella con caciocavallo e vari insaccati, oltre a ‘nduja e rosamarina, entrambe spalmabili e a base rispettivamente di grasso di maiale e di novellame mista, sono perfetti in abbinamento con un Cirò Rosso.
E accanto alla tipica pitta ‘mpigliata e ai dolci sontuosi della tradizione gioiosana non si può non abbinare un sorso di rarissimo Greco di Bianco.
Il clima ed il territorio
La Calabria, con i suoi 800 chilometri di costa e un territorio impervio e difficile, valli strette disegnate da fiumi e da montagne che la dividono in due e rendono il clima molto diverso tra i versanti ionico e tirrenico, può essere quasi considerata un’isola, situazione che ha protetto i vitigni autoctoni, spesso identificati con nomi diversi.
Spostandosi dal Massiccio del Pollino, il parco naturale più esteso d’Italia, verso la costa, il clima continentale lascia spazio a quello mediterraneo, in una zona ricca di olivi, piante di clementine, cedri e bergamotti, porcino nero e liquirizia, ormai raramente spontanea ma coltivata lungo la costa ionica dominata dalla bizantina Rossano.
Nei rilievi intorno a Cosenza il clima è continentale e le importanti escursioni termiche favoriscono una viticoltura quasi di montagna, dove anche i vitigni a bacca bianca esprimono al meglio i loro profumi. Le alte cime della Sila Grande e i pendii della Sila Piccola, dove il clima è un po’ più mite, scendono fino al versante ionico, dove i vigneti adagiati sulle colline del Cirotano, tra uliveti e vestigia millenarie, godono di un clima generalmente più caldo di quello tirrenico, secco e influenzato dallo scirocco e dalla tramontana. Lungo il litorale, il clima mediterraneo influenza i vigneti più interni del granitico Aspromonte fino a quelli della Costa dei Gelsomini, dove il Greco di Bianco racconta la sua storia millenaria.
I terreni si presentano fortemente differenziati. Le terrazze prevalentemente calcaree su strati di origine vulcanica tra l’Appennino e il Mar Tirreno, si caratterizzano per vini densi e strutturati, con tannini potenti e grandi possibilità di evoluzione, ottenuti generalmente da magliacco, mentre le formazioni argilloso-calcaree delle colline del versante ionico favoriscono il gaglioppo e la produzione di vini rossi poco colorati, sapidi e minerali.
Zone vitivinicole
Scendendo verso la punta dello stivale, le principali zone vitivinicole sono il Cosentino, il Lametino e, sul versante ionico, il Cirotano e la Locride.
La prima, appena lasciata la Basilicata e oltrepassato il Massiccio del Pollino, è la zona di produzione più estesa della Calabria, dove la viticoltura ha recuperato le colline intorno ai 500-700 metri.
La denominazione Terre di Cosenza, con le sue sette sottozone, ha dato nuovo impulso e riconfigurato nel 2011 la viticoltura di tutta la Calabria settentrionale, accorpando le storiche DOC e IGT della provincia e mettendo ordine in una miriade di vitigni e antiche zone. Negli ultimi anni è stato rivalutato il vitigno qui più diffuso, il magliocco dolce, che si esprime in un vino ricco di colore, con struttura potente e profumi incisivi di mora e spezie nelle Colline del Crati, minori concentrazioni cromatiche e ottimo equilibrio nella Valle dell’Esaro. Un vino perfetto con il cinghiale stufato.
Qui si producono anche vini rosati leggeri e di pronta beva, da provare con costolette di maiale alle erbe aromatiche o con formaggi di capra e pomodorini. Inoltre, vigneti che raggiungono gli 800 metri danno vini bianchi eleganti e profumati, freschi e da bere giovani, a base di greco bianco e guarnaccia, usati in purezza o in uvaggi.
Una chicca è il Moscato Passito di Saracena, vino dolce con sentori tostati, prodotto tradizionalmente da moscatello appassito e mosto ridotto per concentrazione di guarnaccia e malvasia, da abbinare con una torta di noci.
Lungo il corso del Savuto, confine naturale della provincia di Cosenza verso sud e territorio delle denominazioni Savuto e Lamezia, all’onnipresente magliocco dolce, qui identificato come arvino, si affiancano il gaglioppo, il greco nero e anche l’aglianico nella piccola Scavigna DOC, mentre per i bianchi si stanno diffondendo trebbiano toscano, malvasia bianca, chardonnay e traminer aromatico.
Il versante Ionico, in provincia di Crotone, è il regno della denominazione Ciró, prima per numeri e diffusione. Il vino è a base di gaglioppo, da sempre esportato soprattutto nei paesi con forte immigrazione di calabresi, situazione che per anni ne ha limitato la qualità.
La rinascita di questo vino, che gli antichi Greci chiamavano Kremisi, è storia recente ed è frutto di rese per ettaro più basse e di migliori tecnologie produttive. Fino a pochi anni fa il Cirò era dotato di una forte componente alcolica e tannini aggressivi, mentre oggi, pur confermando tonalità che sfumano rapidamente nell’aranciato e piuttosto trasparenti, propone un assaggio caldo ma con un tannino apprezzabile, ideale con uno spezzatino con patate e piselli. Interessanti sono anche i vini rosati ottenuti da gaglioppo, freschi e profumati di rosa canina e lampone, ottimi con pomodori e zucchine ripiene.
All’interno della stessa denominazione e andando verso sud fino alla provincia di Reggio Calabria e alla DOC Bivongi, sono sempre più frequenti i blend ottenuti da vitigni internazionali e uve antiche, tra cui spiccano il greco nero e la nocera, insieme ai vari nerelli, che danno vini semplici e altri che, al contrario, danno il meglio di sé dopo affinamento.
La Locride è una terra di vini rari. Dai declivi dell’Aspromonte verso il lembo di costa che si affaccia sul Mar lonio, il mantonico è sottoposto a un leggero appassimento per la produzione di un vino dolce e fresco, mentre poco distante, nel comune di Bianco e solo in parte di quello di Casignana, il greco bianco ha trovato l’habitat ideale per dare il famoso vino dolce, peraltro quasi introvabile. I grappoli sono avidi di cure ma avari di frutti, appassiscono sui graticci al sole per 10-15 giorni e danno un vino dolce e morbido, che regala profumi solari e mediterranei come zagara, bergamotto, albicocca, miele e salvia, da abbinare con datteri caramellati con frutta secca e dolcetti di pasta di mandorla e fichi. Il Greco di Bianco, una vera gemma enologica prodotta in pochissime bottiglie, è una specie di chimera.
Vitigni
Ridotto a 11.500 ettari, il vigneto calabrese nel 2013 ha prodotto circa 368.000 ettolitri di vino, DOP per il 43% e IGP per il 34.6%, prevalentemente rosso, in quanto i vitigni a bacca nera rappresentano circa il 75% dell’intera produzione.
Negli impianti più recenti il sistema di allevamento più diffuso è il cordone speronato, ma il tradizionale alberello resta il più impiegato in quelli più antichi.
Il vitigno piú rappresentativo è il gaglioppo (27%), l’anima del Cirò. Portato dai coloni greci a partire dall’VIIl a.C., questo vitigno riesce a dare il meglio di sé nel Cirotano, sul versante ionico. I grappoli maturano nella prima decade di ottobre e danno vini freschi e sapidi, con un quadro antocianico simile a quello del nebbiolo, quindi con colori poco concentrati.
La scelta di puntare su vigneti collinari con basse rese si traduce, nelle annate migliori, in vini eleganti e fedeli al territorio, con profumi di frutti rossi e tannini importanti.
Anche il magliocco (4.3%) è molto diffuso nel nord della regione, conosciuto giả nell’800 e spesso confuso con il gaglioppo anche dal legislatore, probabilmente a causa dell’assonanza tra i nomi. La confusione era amplificata anche dall’esistenza di due varietà di magliocco, entrambi a maturazione intorno a metà ottobre. Il magliocco canino ė diffuso soprattutto nella zona di Lamezia e nei dintorni di Scilla, dove spesso è indicato erroneamente con il nome di nocera, ed è provvisto di ottima carica antocianica, che si traduce in vini dotati di buon colore e di sfumature di frutti rossi. II magliocco dolce, coltivato in provincia di Cosenza e in altre zone del versante tirrenico, è meno ricco di acidità ed è generalmente impiegato in purezza, in particolare nella denominazione Terre di Cosenza, per l’elaborazione di vini complessi e di corpo, con buon tannino, morbidezza e grandi capacità di evoluzione.
Numerosi sono i vitigni autoctoni spesso conosciuti con nomi diversi secondo le zone, come calabrese, castiglione, greco nero, malvasia nera, nerello, prunesta, che insieme agli internazionali cabernet sauvignon, merlot e altri ancora, sono impiegati per ottenere vini che nelle migliori espressioni riescono a distinguersi per una grande originalità.
Tra i vitigni a bacca bianca, il più importante è il greco bianco (3%), con maturazione verso la fine di settembre, dotato di buona sapidità e discreti profumi di mela. Diffuso in tutta la regione e iscritto nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite come guardavalle, greco bianco è anche il nome che il pecorello assume nella zona di Rogliano.
Il mantonico è invece un vitigno tradizionale, coltivato più a sud lungo il versante ionico ed è raccolto nella prima decade di ottobre; il buon corredo in acidità lo rende adatto all’appassimento, per la produzione dell’omonimo vino dolce, con sfumature ambrate e profumi di fiori d’arancio, adatto anche a lunghe evoluzioni.
Stessa localizzazione geografica ma diverso carattere per il greco della zona di Bianco, dotato di buona aromaticità. Adatto all’appassimento al sole nelle zone più ventose e calde, è usato in purezza per elaborare il vino dolce offerto ai vincitori delle Olimpiadi nell’antichità, ambrato e profumato di frutta e fiori.
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