Una delle vacanze “del cuore” è sicuramente quella dell’estate 2020. Nonostante le mie origini meridionali e le numerose vacanze in Sicilia, ho progettato di trascorrere qualche settimana alla scoperta di luoghi mai visitati nella “Sicilia Bedda”. Uno di questi è l’Isola di Mozia.
Nell’estrema punta nord-occidentale della Sicilia, quasi di fronte a Marsala, il mare forma una laguna, chiamata Stagnone chiusa ad ovest dall’Isola Lunga e ad est dalla costa siciliana. Al centro della laguna si trovano l’isola di San Pantaleo, sede della colonia fenicia di Mozia e le altre due piccole isole di Santa Maria e di Scuola.
Dopo aver visitato la riserva dello Stagnone, con un’imbarcazione che passa attraverso i cumuli di sale e permette di ammirare la bellezza delle saline di Marsala, si arriva alla piccola ed incantevole isola di Mozia.
In origine, la città di Mozia, nome che può essere interpretato come “approdo/porto”, presentava i requisiti tipici di molti stanziamenti fenici: era situata su di una piccola isola in prossimità della costa, circondata da bassi fondali, quindi in grado di garantirsi sia una buona difesa dagli attacchi nemici e contemporaneamente di offrire un sicuro attacco per le navi.
Mozia, fondata alla fine dell’ VIII sec. a.C., per la sua posizione felice dovuta anche alla vicinanza con l’Africa e punto di transito obbligato per le rotte commerciali verso la Spagna, la Sardegna e l’Italia Centrale, divenne ben presto una delle più floride colonie fenicie del Mediterraneo.
La presenza in Sicilia dei Greci, con cui i Fenici avevano scambi commerciali ma anche contatti non sempre amichevoli, causò guerre che, con alterne vicende, provocarono infine la distruzione di Mozia ad opera di Dionisio di Siracusa nel 397 a.C.
Da allora i superstiti si trasferirono sulla costa siciliana, fondando la città di Lilibeo, l’odierna Marsala. L’isola non rimase però del tutto disabitata come dimostrano numerose evidenze archeologiche riscontrate nel corso degli scavi.
I reperti più significativi degli scavi di Mozia sono esposti nel Museo Archeologico creato da Giuseppe Whitaker, uomo di raffinata cultura, appassionato studioso di scienze naturali, storia e archeologia, che dai primi anni del secolo scorso acquistò l’isola e condusse i primi scavi. Proprio a Whitaker si deve il primo fondamentale impulso per la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio archeologico di Mozia.
L’isola di Mozia è suddivisa in 22 punti di notevole importanza tra cui il museo Whitaker, il Santuario a cielo aperto, il tempio del Kothon e varie zone degli antichi abitati dell’isola ed visitabile a piedi in 45 minuti.
Oggi, l’isola non è abitata e presenta un unico bar dove ho assaggiato il tipico cous cous di pesce e di verdure con un immancabile calice di Grillo di Mozia.
Sull’Isola sono presenti circa 12 ettari di terreno vitato ed il primo impianto potrebbe risalire agli inizi dell’Ottocento, quando la famiglia inglese Whitaker, coltivò i vigneti per la produzione di un vino da utilizzare al posto del Porto come razione dei marinai della Marina Inglese.
Per quanto piccolo, Mozia è da sempre territorio vocato alla viticoltura, sia per le particolari caratteristiche del suolo sia per il microclima. I suoli dell’isola di Mozia derivano da fondali di origine marina. Sono terreni sabbiosi e sciolti. Importante la presenza di calcare, che determina una reazione alcalina del suolo e che influenza le caratteristiche organolettiche delle uve.
La profondità della terra permette un adeguato sviluppo dell’alberello. La potatura ad “archetto alla marsalese” è la più adeguata per il Grillo, considerata la scarsa fertilità alla base del tralcio. La raccolta, leggermente anticipata rispetto alla maturazione ideale, preserva qualche punto di acidità per mantenere la freschezza del sorso e la longevità che il bianco di Mozia ha saputo dimostrare negli anni.
Nel 2007 la Fondazione Whitaker ha affidato la realizzazione di un progetto per la promozione ed il recupero dei vigneti storici di Grillo all’azienda Tasca D’Almerita.
Il terreno è suddiviso in due appezzamenti. Il primo appezzamento, di vigne più vecchie, chiamato “Scalinata Orientale” fu creato nel 2004 mentre il secondo, più recente, fu creato nel 2010 e prende il nome di “Casa delle Anfore” in quanto il terreno è situato vicino al grande isolato del vecchio abitato di Mozia dove furono rinvenute le anfore attualmente custodite in magazzino.
Degustazione del vino di Mozia
Il Grillo di Mozia della denominazione Sicilia DOC è considerato la perla rara della Sicilia sia per la sua scarsa produttività che per le sue caratteristiche organolettiche. Le uve, trasportate sulla terraferma con apposite barche, proseguono il loro viaggio verso la Tenuta Regaleali a bordo di camion refrigerati per procedere alla loro trasformazione.
Il regolare andamento della maturazione, la minore produzione e il clima senza eccessi di calore, hanno
permesso una qualità eccellente. Buona la gradazione naturale, eccezionali le caratteristiche aromatiche
e l’acidità. Il vino si presenta cristallino, al naso presenta profumi floreali di biancospino e ginestra, profumi fruttati di pesca bianca e agrumi. Al palato è secco, fresco e persistente e con una buona mineralità.
Scoprire nuovi paesi e nuovi paesaggi porta sempre alla conoscenza e all’arricchimento del proprio bagaglio culturale. Sono sicura che Mozia e le bellezze della Sicilia sapranno emozionarvi almeno quanto hanno emozionato me.