Origine del nome e storia del vitigno
Il Negroamaro è tra i vitigni più antichi in Italia, arrivato dall’antica Grecia addirittura durante la prima colonizzazione ellenica, intorno all’VIII secolo a.C. che diede origine ai fasti della Magna Grecia nel meridione italiano. Il nome, invece, ha origini sia greche che latine perché deriva dal termine greco “μαύρο” (si legge “mavrò”) tradotto in “mavros” e da quello latino “niger”, dal comune significato nero: il doppio aggettivo riferito al colore delle bacche, nero più nero, conferma il nome dato al Negroamaro per il colore profondamente scuro degli acini. Da sottolineare che anche nel dialetto salentino “maru” vuol dire nero e la terminologia dialettale “niuri maru”, molto comune e diffusa, descrive bene il gusto amarognolo degli acini.
I sinonimi del Negroamaro sono veramente moltissimi e includono i termini “Albese”, “Abbruzzese”,”Arbese”, “Jonico”, “Mangiaverde”, “Negro Amaro”, “Nero Leccese”, “Nigra amaru”, “Niuru maru”, “Uva Cane”.
Zone di coltivazione e denominazioni
La coltivazione del vitigno avviene in maniera esclusiva in Puglia, in particolare nel Salento, nelle floride terre della pianura di Taranto. I terreni che accolgono le viti del Negroamaro si snodano all’interno della penisola salentina, sono situati a circa 100 metri sopra il livello del mare. La vicinanza del Mar Ionio è molto influente per la crescita dei tralci e delle viti che ben accolgono il caldo estivo e sopportano il freddo invernale dello Scirocco e del Grecale, venti che arrivano dall’Oriente. È il territorio che ha accolto gli antichi greci e ha dato origine a quella Magna Grecia che ha saputo dare origine alla cultura meridionale, ricca di tradizioni e sapienza. In queste floride regioni la vite e l’uva sono stati ben accolti da sempre al punto che è molto facile individuare nei reperti greci richiami al mondo enologico, con affreschi e sculture che raffigurano scene di vita quotidiana durante la vendemmia o in banchetti dove si brinda con calici di vino.
Fino agli ultimi decenni dell’Ottocento i viticoltori pugliesi avevano ancora una mediocre coscienza dell’enorme risorsa e potenzialità delle loro uve, al punto che preoccupavano più di commercializzarle piuttosto che valorizzarle in loco. Per questo motivo il Negramaro, come molti altri vitigni pugliesi e calabresi, è stato esportato e usato, in passato, per dare il colore scuro a vini piemontesi e francesi come il “Merlot” e il “Cabernet Sauvignon”. Gli anni cinquanta portarono il settentrione italiano a rinunciare l’utilizzo del Negramaro, al punto che nel settembre del 1957, si assiste a una drastica riduzione dei terreni coltivati con questo vitigno. Nei primi anni sessanta i viticoltori si rendono conto che non è più il caso di accontentarsi degli indennizzi di legge a cui hanno diritto in seguito alla riduzione delle richieste da altre regioni, per cui iniziano a impegnarsi maggiormente per la vendita della loro uva, puntando alla produzione di un vino proprio.
Fu un grossa scommessa riprendere con il commercio del Negramaro, ampiamente vinta soprattutto grazie al riconoscimento della denominazione DOC. La qualità del vitigno ha contribuito anche all’aumento della sua produzione reimpiantando numerosi ettari che erano stati dismessi dalle coltivazioni al punto che oggi il Negroamaro è un vero e proprio simbolo della Puglia. Le tipologie di vini che rispondono ai requisiti DOC Negroamaro sono il “Rosso”, il ” Rosso Riserva”, il “Rosato Spumante” e il “Rosato Frizzante”.
Dal successo del vitigno per la produzione del rinomato vino, un gruppo musicale salentino ha voluto prendere proprio il nome di Negramaro, diventando una delle più affermate rock band del panorama italiano.
Caratteristiche ampelografiche del vitigno
I tralci del vitigno del Negramaro, color cannella, sono molto robusti e forti. Questa qualità d’uva ha foglie verdi e pentagonali, abbastanza ampie, abbastanza caratteristiche per il tocco di colore rosso dalle sfumature viola, cadono a fine autunno. Il grappolo, a forma di tronco di cono, è molto compatto e semplice, ha un peduncolo rossastro, grosso e corto; gli acini, dalla buccia così pruinosa e spessa da sembrare avvolti dalla cera, hanno la forma ovale, di dimensione grande, sono di un colore scuro che va dal nero al blu, al viola scuro; la polpa, dal sapore dolce anche se tendente all’acidulo, è molto succosa. È molto resistente sia alle malattie dovute a funghi e batteri, sia alle forti siccità estive, alle abbondanti piogge e anche alle brinate; riesce a dare un’ottima produzione. In genere il vitigno viene coltivato nella forma di alberello, necessita di una potatura corta e cresce meglio nel terreno argilloso e calcareo, tipico di alcune zone mediterranee pugliesi e del Salento in particolare. La sua natura di vitigno tardivo trova conferma nella letteratura, infatti già nel 1887 lo studioso di viticultura Giuseppe De Rovasenda, uno tra i più esperti anche in enologia, pubblicò un saggio dove dava la seguente definizione del Negroamaro: “È un vitigno pugliese. Un po’ troppo tardivo per l’Italia settentrionale ma fertile”.
Caratteristiche degustative del vino
Il vino proveniente dalle uve Negramaro si presenta dal color rosso granato molto intenso. Generalmente è vinificato puro in rosso e si presta molto bene anche per il rosato e lo spumante, possedendo le basi di un vitigno di importante qualità rossa. È un tipo di vino fermo, dalla buona struttura corposa, resa peculiare dalla gamma olfattiva ricca di frutti rossi e di bosco, oltre che di “fiori scuri”. Il rosso rubino intenso del Negramaro si sente anche in bocca, lasciando nel palato un gusto speziato e fruttato, particolarmente tannico e leggermente amarognolo, come sua qualità tipica. Ha un contenuto alcolico molto percepibile e superiore, spesso superiore ai 14 gradi.
Abbinamenti tipici consigliati
Essendo un vino brillante, il suo abbinamento ideale con il cibo predilige i primi piatti, specie se conditi con sughi sostanziosi e carichi di carne, come quelli con selvaggina o cinghiale. Tutte le carni rosse si sposano bene con un buon bicchiere di Negramaro, soprattutto se grigliate o cotte al forno, dove si sprigiona anche quell’aroma di arrosto. Vanno bene anche i formaggi dal sapore molto forte, come i pecorini stagionati a lungo.
Nella versione rosata il Negramaro sta bene anche con un elegante risotto con gli asparagi o con i funghi, apprezzando anche il connubio con carni bianche di pollo, tacchino o coniglio servite con contorni di verdure.