Il Grillo è un vitigno a bacca bianca coltivato in Sicilia e in Puglia salvo il foggiano, ma l’habitat di elezione resta il litorale che va da Marsala a Trapani e in effetti la sua storia è strettamente intrecciata alla produzione del Marsala. Fino al secondo dopoguerra, il Grillo occupava più della metà della superficie vitata marsalese, prima che vitigni come l’Inzolia e il Catarratto prendessero il sopravvento nella zona, cioè quando il vino Marsala subì una battuta d’arresto. La rinascita del Grillo si deve soprattutto al lavoro dello storico vignaiolo Marco De Bartoli, al quale il nome del Grillo è intimamente legato.
Per lungo tempo si è speculato su un’origine pugliese del Grillo in seguito alla filossera che colpì duramente la zona di Marsala e poi tutta l’isola. Vero è che successive analisi genetiche hanno certificato la provenienza siciliana del Grillo e la nascita come incrocio tra lo Zibibbo e il Catarratto Bianco. Più precisamente questa felice ibridazione ebbe luogo nel 1873 nell’agro di Favara (AG) e fu opera di uno dei più avvertiti ampelografi dell’epoca, il barone Antonio Mendola che nella fattispecie era alla ricerca di un ibrido riccamente aromatico per la produzione del Marsala. Conosciuto anche come Riddu, il Grillo deve probabilmente il suo nome alla capacità di allietare le notti estive alla stessa stregua del canto del grillo, ma inizialmente il barone Mendola lo chiamò Moscato Cerletti in omaggio all’ingegnere che dirigeva la stazione enologica di Gattinara.
Diffuso nella Sicilia occidentale e in particolare nel trapanese, il Grillo è un vitigno chiave nella realizzazione dei vini Marsala DOC, accanto all’Inzolia e al Catarratto. I migliori Marsala sono ottenuti da uve Grillo per via della vocazione, rara per un vino bianco, di invecchiare bene. Vinificato in purezza, dà vita a vini in grado di competere con l’Etna in termini di spessore organolettico e potenziale di invecchiamento. Marsala DOC a parte, il Grillo è contemplato dal disciplinare delle seguenti DOC: Alcamo, Erice, Sclafani, Salaparuta, Monreale, Menfi, Sicilia.
Di particolare pregio sono considerate le uve Grillo prodotte in prossimità del comune di Petrosino e precisamente nelle contrade Birgi, Favarotta e Spagnola. In Puglia invece il Grillo è coltivato in tutte le province, Foggia esclusa, ed è previsto da alcune IGT: Murgia, Valle d’Itria, Tarantino, Salento.
Il Grillo non vanta una grande differenziazione varietale in quanto è diffuso in una zona piuttosto ristretta. Sono stati individuati due soli biotipi, che però sono ben caratterizzati e danno vini dai carattere nettamente distinti: il biotipo A è affine al Sauvignon Blanc è dà vini freschi con note agrumate, mentre il biotipo B è più alcolico e presenta note mielate. Quest’ultimo è evidentemente più indicato per la produzione del liquoroso Marsala. L’elevata acidità e l’abbondante carica zuccherina rendono il Grillo adatto all’invecchiamento, ma la caratteristica distintiva del vitigno è la rapida ossidazione delle sue molecole, per effetto della quale non emergerebbero i sentori vegetali dovuti ai tioli che il Grillo ha in abbondanza. Ecco perché il mosto di questo vitigno dev’essere protetto dall’ossidazione durante e dopo la pigiatura, le bucce non vanno macerate e la vinificazione in acciaio è preferita a quella in legno. Per cui la tecnica della vinificazione in riduzione si rivela perfetta per il Grillo, come per il Sauvignon e il Cabernet Franc. Quando viene impiegato per la produzione del Marsala, il Grillo viene sottoposto a macerazione soffice degli acini e fermenta in serbatoi d’acciaio, ma anche la fase di affinamento viene condotta in metallo.
Oggi la superficie vitata a Grillo ha superato i 6500 ettari con una produzione di oltre 13 milioni di bottiglie e negli ultimi anni si è piazzato addirittura al primo posto delle vendite nella GDO, restringendo il campo ai vini bianchi siciliani. I vigneti Grillo sono adagiati a diverse altezze e affondano le radici sia in terreni sabbiosi sia in suoli salini e argillosi. La forma di allevamento più diffusa è l’alberello pantesco a potatura corta oppure mista. L’areale è quello tipico del trapanese, dove forte è l’influenza dello scirocco, le cui elevate temperature mettono spesso a dura prova i grappoli sottoponendoli a intensi stress idrici. Ma esattamente come avviene per le arance rosse dell’Etna, apprezzate in tutto il mondo, anche questo stress termico si rivela benefico perché le uve Grillo si caricano di zuccheri, alcol e polifenoli. Il vitigno resiste bene sia al caldo sia alla peronospora, la fitopatologia che causa l’ingiallimento delle foglie e il disseccamento degli acini colpiti. La salute della vite Grillo è però seriamente minacciata dal fungo Ascomycota, responsabile dell’oidio.
Il Grillo è un vitigno vigoroso a produzione abbondante. Sotto il riguardo ampelografico, è dotato di una foglia trilobata o quinquelobata di dimensioni medie, mentre il grappolo si presenta come conico, alato e discretamente compatto. I piccoli acini sferoidali sono racchiusi in una buccia abbastanza spessa, ricoperta di pruina e dal colore giallo verdognolo che assume screziature rossastre alla fine della maturazione e per effetto dell’azione incessante del sole.
I vini ottenuti dal Grillo si presentano di un colore giallo paglierino luminoso che talora assume sfumature dorate. Il bouquet è un tripudio di aromi fruttati e agrumati, ai quali si associano le note floreali di zagara. Al palato il Grillo si presenta come un vino bianco mediamente corposo, abbastanza fresco e sapido. Non di rado mostra una nota alcolica importante, mentre le piacevoli note agrumate accompagnano sempre la chiusura.
Il Grillo andrebbe stappato mezz’ora prima della degustazione, così da eliminare le note di riduzione derivante dal processo di vinificazione impiegato. Va servito in un calice medio da vino bianco a una temperatura che oscilla dagli 8 ai 10° in base alla struttura del vino. Il Grillo si abbina felicemente ad antipasti di pesce, anche crudo, ai primi con condimento di pesce e ai taglieri di formaggi freschi, ma si accompagna bene anche a salumi non troppo speziati e piatti tipici della cucina orientale.