Origine del nome e storia del vitigno
Il Colorino, come viene descritto da De Astis nel 1937, è un antico vitigno autoctono toscano a bacca nera e di forte matrice selvatica, probabilmente il risultato di un processo di domesticazione di viti che crescevano in maniera spontanea nel territorio. Tuttavia, non sono ancora state trovate delle prove scientifiche a conferma di tale affermazione, considerata ad oggi la più attendibile. Il nome deriva dalla forte pigmentazione della buccia dell’acino, mentre la polpa è invece incolore. Noto anche con il sinonimo di Lambrusco, il Colorino divenne famoso soprattutto negli anni Novanta tra i moderni produttori perché utile per correggere in modo naturale la colorazione del Chianti ed ammorbidirne la tannicità. Il contributo del Colorino al Chianti è stato paragonato a quello del Petit Verdot alla miscela del Bordeaux. Tuttavia, oggi, grazie soprattutto alla migliore selezione clonale del Sangiovese che fornisce vini di qualità migliore, ma anche all’introduzione di vini internazionali come il Merlot, il Syrah ed il Cabernet Sauvignon, il vitigno non viene più impiegato solo a questo scopo. Fortunatamente le uve dalla forte identità arcaica sono state riprese ed allevate con più cura da alcuni viticoltori che si sono lanciati, come è accaduto per il Petit Verdot, nella produzione di un vino varietale ed in purezza dalla discreta valenza, sperimentando nuove clonazioni. Il Colorino è attualmente classificato in diverse varietà, di cui la più nota ed impiegata sul mercato è quella di Valdarno. Spesso confuso con il Colorino nero, ha una certa somiglianza con quest’ultimo per cui si può parlare di biotipo all’interno della stessa famiglia. Uno studio condotto nel 1996 ha rivelato altre tre varietà, diverse tra loro e che sembrano non avere nulla in comune se non la classificazione. Secondo i dati di questa ricerca si distinguono pertanto il Colorino Americano, il Colorino di Pisa ed il Colorino di Lucca. Per aumentare la confusione il VIVC (Vitis International Variety Catalogue) ha stabilito di recente che il Colorino di Valdarno, il Colorino di Lucca e il Colorino Pisano appartengano in realtà alla stessa varietà, distinguendola invece da quello Americano e stabilendo altre tre tipologie suddivise in: Colorino Dolce, Colorino Forte e Colorino Nostrale. Pare tuttavia che le autorità italiane non facciano effettivamente riferimento a queste distinzioni.
Zone di coltivazione e denominazioni
Il vitigno è stato registrato ufficialmente in Toscana nel 1970, con denominazione DOC (Denominazione d’Origine Controllata) e talvolta viene prodotto sotto la generica denominazione IGP Toscana (Identificazione Geografica Protetta). Le zone di coltivazione delle uve Colorino comprendono prevalentemente il territorio toscano, coinvolgendo le provincie di Firenze, Siena, Pistoia ed Arezzo. Nella sola regione la superficie votata alla coltivazione di questo vitigno a bacca nera ammonta a 436 ettari, tra cui si presume che siano incluse anche le diverse varietà. L’allevamento si è da poco esteso anche a piccole aree del Lazio, dell’Umbria e delle Marche, ove è noto con i sinonimi di Abrostino, Colore e Raverusto.
Caratteristiche ampelografiche del vitigno
Ad un attento esame, la foglia di questa varietà d’uva è medio-piccola, orbicolare (tonda) oppure pentagonale, trilobata o ancora quinquelobata con seno peziolare a forma di U. I seni laterali superiori sono profondi mentre quelli inferiori sono ad U stretto. La pagina superiore è poco rugosa e di un bel colore verde brillante, con nervature tendenti al rosso. La pagina inferiore, invece, è di colore verde chiaro con nervature rossicce. I denti laterali sono abbastanza pronunciati, leggermente uncinati ed irregolari. In media, lo sviluppo del grappolo è abbastanza compatto e di grandezza medio-piccola. Può essere conico o con 1-2 ali e della lunghezza variabile da 10 a 15 centimetri. Il peduncolo è visibile, semi-legnoso, abbastanza robusto, lungo e grosso. Per quanto concerne gli acini, invece, sono di dimensioni medie, sferoidali, regolari, con ombelico mediamente esistente e costituiti da una buccia pruinosa, spessa, molto resistente e di colore blu-nera. La polpa è dolce e succosa. Il vitigno ha rese costanti e medio-alte ma è tuttavia poco vigoroso. Ha un’interessante resistenza alle principali malattie parassitarie, ma è molto sensibile invece allo iodio, per cui non può essere coltivato in aree troppo vicine al mare. L’allevamento prevede sistemi a media espansione, ovvero con potature medie oppure miste che assicurano un buon compromesso tra produttività e concentrazione dell’uva ricavata. La vendemmia comincia, in genere, nella prima decade del mese di Settembre spingendosi fino alla terza decade.
Caratteristiche degustative del vino
Le uve vinificate in purezza danno origine ad un vino ben strutturato, denso, dalle buone gradazioni alcoliche, caratterizzato da un bel colore rosso rubino intenso che ricorda quasi la barbabietola ma dalla scarsa acidità. Al naso regala sensazioni immediate rivelando un profumo terroso ed erbaceo molto simile al tiglio. Al palato è morbido e corposo, con un buon equilibrio tra tannini, zuccheri, sali ed acidi. Dal retrogusto fruttato, si percepiscono distintamente delle gradevoli note di mele Golden. Il Colorino difetta solo in acidità ed è forse per questo motivo che non riesce a svilupparsi adeguatamente a livello nazionale.
Abbinamenti tipici consigliati
Il vitigno è ideale per i buongustai e per tutti coloro che amano sperimentare nuovi sapori in cucina. Questo rosso grintoso è perfetto a tutto pasto. Si sposa egregiamente con qualsiasi portata dagli antipasti ai secondi. In particolare è ideale per accompagnare primi piatti al ragù, secondi a base di carni rosse ma non troppo elaborate o stracotte. Può essere servito con un ricco tagliere di salumi e formaggi più o meno stagionati ed accompagnati magari con delle marmellate. Un buon bicchiere di Colorino è ideale in qualsiasi momento della giornata, per un happy hour con gli amici o per un antipasto informale.