Origine del nome
Del vino denominato Coda di Volpe si hanno riscontri fin dall’antichità. Era ben noto ai romani, che lo conoscevano già nella sua terra d’origine, la culla della civiltà, la Campania.
Come si potrebbe facilmente intuire, l’origine del nome di questo vitigno andrebbe ricercato nella sua forma. Il grappolo somiglia alla coda di una volpe. Lo stesso storico romano Plinio il Vecchio ne parla nella sua Naturalis Historia, quando tratta proprio del vitigno chiamato Cauda Vulpium. Un vitigno dunque che vanta diversi secoli di tradizione e coltivazione alle spalle, ancora oggi sempre più apprezzato.
Inizialmente si trattava di un vitigno minore, che veniva impiegato in unione con altre varietà della zona di origine. Pian piano però ha assunto una sua natura riconoscibile e ben distinta, tale da fargli guadagnare lo status di vino a tutti gli effetti, molto apprezzato.
Figlio della superba Irpinia, si è poi diffuso in tutta la Campania, dove viene oggi coltivato dalla sapienza e dalla pazienza dei maestri viticoltori.
Predilige le altezze collinari inondate dal sole. Per tale motivo cresce rigoglioso ai piedi del monte Vesuvio, ma anche nel Sannio e nel Beneventano.
Geografia del vitigno e sue denominazioni
Grazie alla sua diffusione regionale, il vitigno Coda di Volpe rientra in un’ampia varietà di denominazioni.
Tra queste, ad esempio, ci sono il Bianco e il Lacryma Christi Bianco, che per poter ottenere il prestigioso Dop Vesuvio devono impiegare la Coda di Volpe almeno per il 30%.
Da considerare che per poter scrivere sulla bottiglia Coda di Volpe, la sua percentuale deve raggiungere almeno l’85% del contenuto totale.
Restando nella zona del Vesuvio, l’area si distingue per una lunga tradizione dell’uso del vitigno. Tuttavia anche nel Sannio DOP viene richiesto il suo impiego, così come per il DOP Irpinia.
Il vitigno conferisce l’etichetta IGP al Beneventano, ai Colli di Salerno così come al Roccamonfina, senza dimenticare
il famoso Paestum e il Terre del Volturno e Campania. In questi casi, ne occorre almeno l’85%.
Caratteristiche ampelografiche
L’ampelografia, quando si parla di un vitigno, è una branca della scienza del vino che si occupa di studiare le caratteristiche più piccole del vitigno stesso, tali da permetterne il riconoscimento univoco. Il vitigno Coda di Volpe ha la foglia grande, cosiddetta pentalobata, il grappolo, che ricorda la coda di una volpe, può arrivare a grandi dimensioni, anche quasi mezzo metro di lunghezza, mentre gli acini sono piccoli, contribuendo così a creare una suggestione di una coda molto folta. La buccia è tipicamente verde virante al giallo.
La resa iniziale non è particolarmente alta, ma sono gli stessi viticoltori a fare questa scelta, per poterlo poi in un secondo momento vinificarlo in purezza.
Le sue caratteristiche organolettiche sono molto delineate. I vini prodotti con questo vitigno si riconoscono infatti perché sono di colore giallo paglierino, al gusto fresco, sentore sapido. Nonostante la grande concentrazione zuccherina, il vino in prodotto finale ha una bassa resa acida.
Il vino si può realizzare sia secco che dolce, anche in versione spumante. Tutto dipende da quanto lo si lascia a maturare. Per ottenere il vino dolce è sufficiente fargli raggiungere la piena maturazione che lo contraddistingue con un 14,5% vol.
Caratteristiche degustative
Colore giallo paglierino, con riflessi tendenti all’oro, profumato con note di pera, ananas e banana. Così si potrebbe descrivere in prima battuta il ‘Coda di Volpe’. Continuando con l’assaggio si percepisce poi un retrogusto di mela cotogna, di pesca e di fiori, davvero inebriante.
La zona di coltivazione, così come il clima e la natura stessa del vitigno, conferiscono al vino una gradazione corposa, tipica di questo prodotto e riconoscibile.
A fare da contrasto, o meglio ancora a fare da legante, pensa la sua freschezza, unita alla caratteristica sapidità del prodotto.
Struttura e forma si uniscono per creare quindi un’esperienza unica. Corpo e anima si fondono e si sciolgono poi sul palato, in maniera talmente equilibrata da sembrare perfetta. Per godere appieno del vino Coda di Volpe si consiglia una degustazione precisa.
La bottiglia andrebbe stappata almeno un’ora prima del primo sorso. Questo per permettere all’ossigeno di inserirsi tra le note di riduzione. Le note di riduzione altro non sono se non l’odore tipico del vino che ha preso poca aria, e l’ossigenazione della bottiglia serve proprio a ristabilire il profumo originario del vino.
Il calice in cui verrà versato il vino dovrebbe essere mediamente largo, sia per catturare la luce ad esaltarne il colore, sia per permettere al profumo di diffondersi nell’aria.
I gradi a cui dovrebbe essere servito dovrebbero attestarsi sui 10 come temperatura minima e sui 12 come temperatura massima.
Abbinamenti consigliati
Per la sua lunga tradizione legata al territorio, il Coda di Volpe ben si sposa con molti dei prodotti terricoli ma anche di mare che hanno sempre caratterizzato la regione di provenienza.
Il vino si abbina alla perfezione con i primi piatti, specialmente quelli di pesce. Frutti di mare e risotti ne esaltano il gusto e la gradazione alcolica, i primi piatti tipici dell’alimentazione contadina, come la pasta con i piselli, le zuppe di cereali e legumi;, la carne, in particolare con quella bianca, il pesce.
Prima ancora che con i piatti di portata però, molto apprezzato è il Coda di Volpe abbinato all’antipasto, del quale riesce ad esaltare il sapore per un inizio a tavola all’insegna della tradizione e della storia.
Come ultima curiosità su questo vino che ha molto ancora da raccontare, si sottolinea che stiamo parlando di un vitigno che è stato registrato in maniera ufficiale in Campania nel 1970, e che ad oggi, in tutta Italia, viene coltivato in circa 555 ettari.