Origine del nome e storia del vitigno
Il vitigno aglianico è arrivato sulle nostre terre originariamente dalla Magna Grecia; in queste zone esso era già noto e coltivato in tempi antichissimi. La particolarità del suo nome rappresenta un’ulteriore conferma dell’origine: il nome deriverebbe infatti dal processo linguistico di volgarizzazione del termine hellenikon, successivamente declinato in latino come hellenico e nel corso dei secoli in hellanico fino a giungere alla versione moderna: aglianico. Pare che i primi coloni Greci fondatori di Cuma siamo stati responsabili dell’introduzione di questa varietà di uva sul suolo italiano. Inoltre, stando a quanto testimoniato da Plinio, l’aglianico potrebbe rientrare all’interno della famiglia delle Aminea. Vale la pena menzionare una teoria alternativa, che colloca l’aglianico originariamente in terra iberica, da dove sarebbe giunto grazie gli Aragonesi presso il Regno di Napoli. In questo caso, il nome ricorderebbe il termine pianura in spagnolo, ossia llana. Tuttavia, si tratta di una teoria non accreditata quanto la prima. Una delle testimonianze più tangibili della storia millenaria di questo vitigno si ha grazie ai resti di un torchio di origine romana nei dintorni di Rionero in Vulture.
I sinonimi di questo vitigno includono i seguenti termini: aglianicone, guanico, gesualdo, ellenico, uva nera.
Questa varietà risulta relativamente omogenea, in quanto ne vengono coltivate prevalentemente due tipologie di famiglie che si possono trovare rispettivamente nella zona del Taurasi e in quella dell’Aglianico del Vulture. Tra i cloni diversi dell’aglianico si trovano il femmina, il mascolino, il san severino e lo zerpoluso.
Zone di coltivazione e denominazioni
Le zone di coltivazione di quest’uva comprendono i territori di Basilicata, Campania e, in maniera minore, Molise e Puglia. Questo vitigno a bacca rossa, che predilige climi decisamente soleggiati, da pochi anni è stato anche introdotto in California e Australia. Prevalentemente l’aglianico è associato alla zona del Vulture, dove la vite viene coltivata con una variazione del metodo guyot e il supporto di speciali canne. Una particolarità relativa a questa zona di produzione riguarda senza dubbio la densità, che arriva a toccare il mezzo metro tra un ceppo e l’altro. L’Aglianico del Vulture, da molti ritenuto uno dei migliori rossi d’Italia, è il solo vino prodotto nella provincia di Potenza a potersi fregiare del marchio DOCG con la denominazione di Aglianico del Vulture Superiore, mentre il precedente Aglianico del Vulture si è convertito in DOC, come anche il Terre dell’Alta Val d’Agri. Tra i principali centri produttivi vi sono tutti i comuni nell’area, come Atella, Genzano di Lucania, Palazzo San Gervasio, Rionero in Vulture e Venosa.
Spostandosi tra le zone di produzione, una delle più valide risulta sicuramente il Cilento, con i suoi terreni argillosi. In particolare il Cilento Aglianico è un DOC che si può produrre esclusivamente all’interno della provincia di Salerno. Assaggiare questo spettacolare vino significa conoscere una delle espressioni più note dei vini rossi del Sud Italia, che non a caso è stato paragonato al Barolo per potenza espressiva.
Tra le altre zone in cui l’aglianico si esprime ai massimi livelli vi è provincia di Benevento, specialmente nell’area attorno alle pendici del Monte Taburno. Qui si trova la DOCG di Aglianico del Taburno che prevede la produzione di versioni rosso, rosato o rosso riserva. Anche in provincia di Avellino vi è un’importante interpretazione di questo vitigno nella produzione del famoso Taurasi DOCG, un altro ottimo vino rosso del Sud. Qui la vite, coltivata a spalliera bassa, unita alle particolari condizioni pedoclimatiche, permette di ottenere un vino rosso dalle complessità simili alle espressioni del Piemonte.
Caratteristiche ampelografiche del vitigno
Tra le caratteristiche ampelografiche da notare di questa varietà d’uva si può senza dubbio partire dall’esame della foglia, di dimensioni medie e forma pentalobata, caratterizzata da una pagina superiore glabra e opaca generalmente di colore verde scuro molto intenso. Lo sviluppo del grappolo in media risulta molto compatto: esso può essere cilindrico o conico. Per quel che riguarda gli acini, si può notare come essi siano sferoidali, distinguibili da una buccia particolarmente resistente, carica di pruina e riconoscibile per la tonalità molto intensa di blu-violetto. Caratterizzato da una buona vigoria e da una produttività relativamente abbondante e costante, l’uva aglianico si riconosce per la maturazione molto tardiva, compresa in generale tra la metà di ottobre e la prima decina di giorni del mese successivo.
Caratteristiche degustative del vino
Le uve aglianico danno vita a un vino vigoroso, caratterizzato da un colore rosso rubino con lievi sfumature tendenti al granato. Nel caso di una bottiglia che ha subito un lungo processo di affinamento, i riflessi tendono ovviamente all’aranciato. Al naso le uve aglianico contribuiscono a generare un profumo particolarmente intenso, riconoscibile a livello tipico e varietale, nonché intriso di sentori eterei, tra i quali si possono riconoscere note di confettura di marasca, prugna, viola, spezie varie, ma anche odori tipici del mondo animale, come ad esempio la pelle e il cuoio. In bocca il sapore risulta avvolgente, tannico e pieno. Ogni espressione di questo vino rosso si distingue per la struttura molto importante, così come per la lunga persistenza gusto-olfattiva che avvolge il palato.
Abbinamenti tipici consigliati
Questo vitigno, che dà origine a rossi grintosi e tannici, si sposa perfettamente a piatti di carne importanti, come le grigliate e il filetto di manzo. Può sostenere la complessità anche di primi tipici della tradizione italiana, quali le lasagne con ragù oppure un risotto al tartufo e porcini. È ideale anche per accompagnare piatti più moderni, come le empanadas argentine, il pulled pork tipico del Sud degli Stati Uniti ma anche un ottimo hamburger con carne al sangue.