Cosa accade se un terreno incredibilmente fertile e beneficiato da un clima mite e soleggiato è stato per centinaia e centinaia di secoli abitato dall’uomo, vissutovi affinando le tecniche di coltivazione e conservazione dei prodotti che una terra così privilegiata era in grado di donare? Ebbene, in una tale cornice ideale nascono i prodotti agroalimentari vanto dell’Italia, come può esserlo un vino; in questo caso l’Aglianico del Vulture.
Un vino dalle caratteristiche uniche, tra i più rappresentativi della tradizione vinicola italiana, che deve le sue caratteristiche inimitabili in primis al terreno su cui il vitigno rosso Aglianico è coltivato: quello delle pendici orientali dell’ex vulcano del Vulture, in una nicchia ecologica posta tra i 200 e gli 800 metri di altitudine.
Nell’Aglianico del Vulture, l’energia di un vulcano
A rendere particolarmente fertili queste terre dell’ appennino lucano hanno contribuito le eruzioni vulcaniche di ere precedenti il Pleistocene superiore, 130.000 anni or sono; quando il massiccio del Monte Vulture, che con il suo austero profilo domina la zona a nord della provincia di Potenza, in Basilicata, era ancora un vulcano in piena attività.
I materiali eruttati dal Vulture, ricchi di fosforo, magnesio e potassio, forniscono infatti a tutt’oggi un suolo fecondo e dal drenaggio eccellente, grazie alla finissima sabbia eruttiva derivata dal deposito di cenere e lapilli: habitat ideale per la vite e altre piante, ma ostile ai parassiti dannosi, compresa la temibile fillossera. Non è un caso se nella stessa terra, oltre a questo vitigno sopravvissuto in alcuni casi anche nella sua versione a piede franco, in esemplari che sfiorano i cento anni, affondano le radici possenti ulivi da cui si ricavano oli pregiati e si estendono castagneti i cui frutti godono di indubbia fama; alcuni dei quali certificati dal marchio D.O.P..
Ancora, non a caso, quest’area fa parte del parco naturale regionale del Vulture, che comprende parti di territorio dei comuni riconosciuti idonei per la produzione D.O.C. e D.O.C.G. dell’Aglianico del Vulture: Atella, Barile, Ginestra, Melfi, Rapolla, Rionero in Vulture, Ripacandida.
In altri comuni limitrofi all’area protetta, sempre della provincia di Potenza e sempre beneficiati delle eruzioni del Vulture, si produce pure il pregiato Aglianico del Vulture: Acerenza, Banzi, Forenza, Genzano di Lucania, Lavello, Maschito, Montemilone, Palazzo San Gervasio e Venosa; per un totale di terreni coltivati ad Aglianico che supera i 1.500 ettari, e rappresenta più del 50% del totale dei vigneti lucani.
Quell’imponente Monte Vulture che si erge ai giorni nostri placido e tranquillo con l’imponenza dei suoi 1.326 di altitudine fu, in un passato ormai lontanissimo “un vulcano ardente, tremendo”, come lo descrisse il poeta e viaggiatore Cesare Malpica, nel 1847. Un vulcano dall’attività eruttiva ormai terminata ma che, scientificamente, non può ancora definirsi spento e sulle cui pendici scoscese i viticoltori praticano ancora la loro arte, talvolta con fatica ma sempre con indubbia dedizione.
Gli aromi e i sapori del vino Aglianico del Vulture, prodotto in questa terra e dal 1971 a Denominazione Controllata e Garantita, ne fanno uno tra i migliori vini rossi d’Italia: in quello che è il più rinomato vino del Vulture, non per nulla definito “il Barolo del Sud“, sembrano rivivere i misteri e la forza dell’antico vulcano.
Aglianico del Vulture, al 100% un vino vulcanico
I vini vulcanici, i cui vitigni di origine sono cioè coltivati su terreni derivati dall’eruzione in tempi lontani di vulcani ormai estinti o dormienti, come nel caso dell’Aglianico del Vulture, o di vulcani ancora attivi, come per il Nerello, i cui grappoli danno vita all’Etna Rosso, hanno caratteristiche organolettiche universalmente riconosciute come particolari e distintive.
Non è un caso che ben 10 vini della zona del Vulture riscossero grande successo nell’esposizione universale di Milano già nel 1906 e che, nel 1910 nel trattato di ampelografia scritto dagli enologi francesi Pierre Viala e Victor Vermorel, e a cui collaborarono ben 70 ampelografi riuniti in una equipe internazionale, proprio l’Aglianico abbia meritato una citazione perché considerato appartenente alla categoria dei migliori vitigni d’Europa.
I vini vulcanici sono vini armonici ed equilibrati, grazie alla combinazione di salinità e acidità del terreno, generalmente adatti all’invecchiamento. Proprio queste sono le peculiarità dell’Aglianico del Vulture, quando vinificato in purezza: un odore armonico che si fà più intenso e gradevole con l’età, un sapore fruttato, asciutto, caldo, sapido e minerale, tannico al punto giusto, con sentori di spezie e tostature, che tende a divenire più strutturato e vellutato con l’invecchiamento, guadagnando in persistenza. Un colore rosso rubino intenso, che tende a riflessi aranciati con il passare del tempo.
LE CARATTERISTICHE DEL tufo: dalle radici alla bottiglia
Il tufo, pietra porosa di origine vulcanica caratteristica della zona del Vulture, gioca un ruolo fondamentale nella produzione dell’Aglianico del Vulture: dalla coltivazione all’invecchiamento.
La struttura spugnosa di questa roccia magmatica effusiva fa sì che il terreno assorba l’acqua in inverno e la rilasci in estate, quando le temperature salgono. Le viti beneficiano così di una riserva idrica naturale particolarmente ben congeniata, migliore di un’irrigazione artificiale tradizionale che provocherebbe umidità in superficie creando le condizioni favorevoli a malattie e parassiti.
Sempre grazie al tufo, il microclima del Vulture asseconda le esigenze dell’antico vitigno dal lungo ciclo vegetativo, contrastando gli sbalzi di temperatura tra il giorno e la notte: grazie alla capacità di assorbire il calore del sole senza surriscaldarsi, e rilasciarlo nelle fredde ore notturne.
Le peculiarità del tufo fanno inoltre, di questa roccia piroclastica resistente ma leggera e facilmente lavorabile, il materiale ideale per la conservazione del vino e il suo invecchiamento: le caratteristiche pedologiche del Vulture hanno infatti suggerito agli uomini, sin dall’antichità dei greci e dei romani, l’idea di utilizzare, o scavare ex novo, grotte e gallerie in cui conservare i prodotti della terra e della vinificazione.
Gli antri naturali nel tufo, o quelli artificiali prodotti dall’uomo, con il loro equilibrio costante di temperatura, umidità e ventilazione, costituiscono l’ambiente perfetto per l’invecchiamento del vino. Così l’Aglianico del Vulture D.O.C. riposa idealmente alla perfezione all’interno di cantine scavate nel tufo, per almeno un anno in botti di rovere, prima di aver raggiunto i 12,5° di gradazione alcolica ed essere pronto ad essere gustato; testimone in ogni passaggio della sua produzione della millenaria storia vitivinicola della Basilicata, delle sue tradizioni e della sua cultura del vino.
Tali sono le proprietà del tufo che, ancora oggi, rinomate aziende vinicole dell’area del Vulture pongono il loro Aglianico ad invecchiare in cantine ricavate da antiche grotte; rispettando quella tradizione di stima e rispetto per il vitigno pregiato che ha attraversato i secoli.
Dall’importazione della varietà ad opera dei greci, o forse dei romani, attraverso il dominio svevo di Federico II che ne promosse la coltivazione, fino alla trasformazione del nome da “Ellenico” ad Aglianico introdotta dagli Aragonesi nel XV secolo. E all’800, in cui la bontà del prodotto portò i cantinieri di Napoli a farne gran richiesta per migliorare la qualità di vini del territorio napoletano; fino al secolo scorso, al riconoscimento internazionale e ai giorni nostri.
A quando, nel 1971, All’Aglianico del Vulture è stato assegnato il marchio D.O.C. e, nell’agosto del 2010, se ne è distinta la tipologia “Superiore”, che prevede 3 o 5 anni di invecchiamento, parte in botte e parte in bottiglia, conferendo quindi all’Aglianico del Vulture Superiore la denominazione D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita).
Aglianico del Vulture, da sempre e per sempre
È stupefacente e affascinante scoprire come un vino possa essere stato apprezzato da sempre e da tutti i palati, come un sorso di questa bevanda degli dei sia in grado di trasportarci indietro nella storia rendendola vivida come il suo stesso profumo e sapore.
L’Aglianico del Vulture è un vino che possiede una magia diacronica, un vino di cui vale veramente la pena conoscere la storia e le caratteristiche dell’area geografica di produzione, per apprezzarne meglio le qualità.
Come molti vini rossi invecchiati e affinati in legno, anche lo splendido Aglianico del Vulture si accompagna perfettamente a selvaggina e carni speziate; a quelle pietanze che fin dall’antichità traevano le materie prime per la cucina dalla ricca fauna della zona, tramite la caccia di cinghiali, lepri e uccelli prelibati: divertimento dei nobili e necessità dei briganti.