L’Europa è da secoli la patria del buon vino, con numerose varietà pregiate provenienti soprattutto dalle coltivazioni italiane e francesi, che ogni anno esportano in tutto il mondo il frutto di un accurato lavoro di coltivazione e spremitura a mano.
Si tratta di una pratica presa molto sul serio, che consente un ottimo e redditizio business per il produttore, il quale tenta di proporre prodotti con standard qualitativi sempre più elevati e dal gusto raffinato.
Immaginate quindi come si è potuto storcere il naso nel vecchio continente quando si è appresa la notizia che in America sta spopolando la tendenza di servire vino annacquato, addirittura in lattine simili a quelle della Coca-cola, svilendo una bevanda di tradizione millenaria in molte zone del mondo.
Oltretutto la moda dilagante di unire i due elementi sta prendendo sempre più piede, incentivando i propri clienti al consumo degli stessi per evitare gli sprechi e risparmiare qualche euro in più al momento dell’acquisto.
La promessa è quella di un “vino” che si lascia comunque bere, molto dolce e gradevole al palato, come se si trattasse di una semplice bottiglia dissetante presente sul mercato e largamente consumata.
Molti dei vignaioli naturali di ogni zona degli Usa si sono messi a lavoro per creare una produzione degna di nota, che non si rivolga solo alle persone meno abbienti ma anche a coloro che abitualmente brindavano con un vino normale.
Il Piquette, così chiamato, viene ottenuto appropriandosi delle vinacce e spremendole al massimo per recuperare tutto il nettare rimasto, che viene unito poi all’acqua, allo zucchero e al miele, per rendere il tutto più gustoso e far partire la fermentazione necessaria.
Potete ben immaginare il sapore che ne deriva, molto simile alle bevande chimiche di uso comune ma ben lontano dagli standard e dal gusto a cui siamo abituati nel nostro paese, ricco di tradizione in merito e uno dei maggiori esportatori di bottiglie di eccellenza, alcune garantite da marchi appositi per la loro unicità.
Cos’è esattamente il Piquette?
Non si tratta di una vera e propria novità quella del Piquette, piuttosto di una rievocazione del passato comune a molte zone.
Anche in Italia, ad esempio, fino ai primi decenni del 1900 le persone più povere o i contadini creavano bevande simili, in modo da poter godere del sentore del vino senza potersi permettere la sua versione pura.
Ne abbiamo numerose attestazioni in Friuli o in ogni area del nord, con molte testimonianze scritte.
Fortunatamente si tratta di una tradizione oggi superata in Europa, se non in particolari realtà, che si cerca di riportare in voga trasformandola in una moda.
Tra i pionieri d’oltreoceano di questa nuova tendenza citiamo Todd Cavallo, un italo-americano fondatore dell’azienda Arc Wild, situata nella Hudson Valley nei pressi di New York.
Lo stesso incentiva il consumo di tale prodotto, affermando che in tal modo si evitano gli sprechi e strizzando quindi l’occhio a coloro che hanno una visione più “green” della vita.
Il punto di forza del Piquette sarebbe la sua natura Nazional-popolare, alla portata di tutte le tasche, senza fare la distinzione che invece si compie producendo vini di qualità e quindi dal prezzo molto elevato.
Egli afferma che la vera sfida consiste nel bilanciare correttamente il livello del PH alterato dalla presenza dell’acqua, per gestire la formazione dei batteri lattici, che in numero maggiore del dovuto potrebbero compromettere il sapore del vino ma anche la salute di chi lo beve.
Grazie all’utilizzo di uva con acidità alta e PH molto basso, è stato possibile aggiungere addirittura un 50% di acqua, lasciando solo un vago sentore di ciò che era l’idea iniziale.
Il piquette viene fermentato all’interno dell’acciaio Inox, per limitare l’esposizione all’ossigeno e provocare un gusto spiacevole al palato.
Per fornire un retrogusto ancora diverso, talvolta vengono aggiunti trucioli di legno, che fornirebbero a quanto ricavato dalla vinaccia un aroma di vaniglia affumicata e rovere.
Se non hai mai avuto modo di assaggiare tale novità, sappi che è ben lontana da quello che per noi è considerato vino, in quanto si tratta proprio di una cosa differente e quindi caratterizzata dalle proprie peculiarità specifiche.
Certamente si presta a essere bevuta in quantità maggiori, avendo un grado alcolico nettamente inferiore rispetto al normale, che varia dai 4 ai 9 gradi massimo, rilasciando in bocca anche una sensazione di leggerissima effervescenza, data dalle scarse quantità di succo di uva ricavato dalla spremitura delle vinacce.
Infatti, il nome stesso, dal francese “piquer”, significa appunto pizzicare.
La vera differenza tra questa variante e quella originaria è che quest’ultima deriva da uve fermentate, mentre la prima impiegando sottoprodotti che in condizioni di normalità andrebbero gettati via, perché già utilizzati al massimo delle loro potenzialità.
I prezzi variano dai 5 dollari della semplice lattina ai 20 di una bottiglia da 750 cl, che sono certamente costi bassi per quello che è il tenore di vita negli Usa, ma che invece in paesi Europei come l’Italia consentono di acquistare comunque un prodotto gradevole e soprattutto puro e tradizionale con lo stesso denaro.
L’Europa e la sua battaglia contro il vino annacquato
Come è possibile immaginare, l’Europa intera è insorta contro questa usanza definita “barbara e antiquata”, che intende speculare sull’inesperienza delle persone che non sanno apprezzare la differenza tra un buon vino e un prodotto che lo ricorda vagamente per gusto e consistenza.
La Francia si è detta pertanto pronta ad alzare vere e proprie barricate contro l’esportazione della bevanda nel proprio territorio e con lei si sono mossi tutti i maggiori coltivatori del vecchio continente, preoccupati di veder minacciato il proprio business da una tendenza di così basso livello.
Si tratta infatti di concorrenza sleale, capace magari di attrarre i giovani con il sapore della novità, sottraendo potenziali clienti a un comparto di mercato di grande successo fino a oggi.
Conoscendo i gusti dei cittadini europei in materia di alcolici, sembra piuttosto difficile che la moda dilaghi come è avvenuto negli Usa, ma certamente un target di clienti si potrebbe interessare al Piquette decidendo di acquistarlo al posto del classico vino.
Gli organi competenti dell’Unione Europea hanno deciso di rispondere al grido di aiuto dei viticoltori della loro area, rendendo illegale il consumo della bevanda in tutto il suo territorio se non per consumo personale e della famiglia, attraverso l’articolo 44, paragrafo 9, del Regolamento del Consiglio della Commissione Europea, che si è espressa in tal modo: ” La Piquette, se la sua produzione è autorizzata dallo stato membro interessato, può essere autorizzata solo per la distillazione o per il consumo nelle famiglie dei singoli viticoltori”.
In ogni modo il mercato sotterraneo circa la vendita non autorizzata di vino annacquato si sta espandendo velocemente anche in questi territori, che si sentono minacciati da un nemico capace di rovinare per sempre il business così faticosamente ottenuto.
In tal modo iniziano sempre di più a circolare bottiglie di scarsissima qualità capaci di rovinare tutta la categoria, infangando un marchio che affonda le sue radici nella tradizione millenaria e nelle migliori tecniche di lavorazione, perfezionate nel corso del tempo grazie all’introduzione di macchinari sempre più moderni, ma incapaci comunque di sostituire l’apporto umano alla causa.
Trattandosi di una moda, la speranza dei viticoltori del settore è quella che la stessa passi velocemente così come è arrivata, ma i segnali non sono incoraggianti in questo senso, poiché sempre più aziende decidono di produrre la novità personalmente e molti clienti scelgono di provarla a dispetto del vino tradizionale.