Cosa sono i vini biodinamici, una moda passeggera oppure una vera e propria filosofia di vita? Un aspetto sembra non escludere l’altro, dal momento che questo tipo di produzioni risultano sì di tendenza, ma non passeggera, nonché realizzate all’interno di un approccio che parte dal rispetto per l’ambiente e vede una sostenibilità a 360°.
Le teorie dell’agricoltura biodinamica risalgono all’inizio del Novecento, per l’esattezza al 1924, anno in cui Rudolf Steiner, il padre dell’antroposofia, ha tenuto una serie di conferenze sul tema. È stato il primo a farlo, motivo per cui è considerato il fondatore della biodinamica.
Il suo pensiero ha come punto di partenza la necessità dei contadini di trovare soluzioni alternative a quelle che prevedono l’impiego di prodotti chimici. I principi della biodinamica sono ampiamente utilizzati ancora oggi, in quanto tra i più efficaci per una produzione agricola naturale, poco inquinante e salutare.
Pur avendo dei punti di contatto con l’agricoltura biologica, presentano caratteristiche particolari e a sé stanti, applicate dal singolo produttore biodinamico tenendo conto del contesto di riferimento e di alcune specifiche.
Qualcosa che parte dal legame con il territorio e dalla sinergia tra le diverse componenti dell’ambiente, a fronte di un approccio il meno invasivo e il più semplice possibile nell’applicazione.
Cosa sono i vini biodinamici?
Cominciamo dall’analizzare, per i vini biodinamici, il significato. Con tale termine si fa riferimento alla produzione enologica ottenuta tramite la metodologia elaborata da Rudolf Steiner nei primi del Novecento.
In sostanza, il vino biodinamico è quello realizzato da vigneti coltivati secondo i principi della biodinamica, a tutt’oggi in fase di definizione su scala europea.
Le ragioni sono da ricercare nelle tecniche e nelle conoscenze elaborate all’interno del territorio di riferimento, le quali portano a punti di vista differenti su cosa è tradizione e cosa vuol dire “naturale”. Un insieme di conoscenze che è traducibile, nel linguaggio biodinamico, con il punto di vista per cui è necessario da un lato tutelare il territorio e dall’altro creare prodotti che non provocano danni alla salute.
L’agricoltura biodinamica è un approccio che vede una sorta di ritorno alle origini, solo con l’impiego di alcune accortezze in più, specialmente per quanto riguarda i preparati per conseguire una remineralizzazione del suolo.
Pertanto, è prevista l’assenza di pesticidi, fertilizzanti e persino dell’uso del trattore, così da rispettare l’equilibrio intrinseco della natura in relazione ai cicli della luna e all’astrologia.
Il risultato è un vino sano e di altissimo livello, frutto di dedizione, pazienza e tantissimo studio, ma anche di una maggiore attività manuale e di un conseguente minore impiego della tecnologia.
Come abbiamo accennato, manca ancora un disciplinare condiviso su scala europea. Nel Vecchio Continente, l’unico Stato ad aver conseguito una metodologia precisa e certificabile in maniera univoca è la Francia. L’Italia, non diversamente dagli altri Paesi, è ancora indietro sotto questo punto di vista.
Vini biodinamici vs vini biologici
Vediamo di seguito quali sono le peculiarità dei vini ottenuti da agricoltura biodinamica, analizzando le caratteristiche che risultano distintive:
- La frutta viene raccolta quando ormai è matura, non prima.
- Viene prestata attenzione alla mineralità della terra, al clima e alla varietà della singola pianta.
- Sapore marcato, deciso, in cui sono presenti aromi, ma anche zuccheri, capaci di sorprendere i sensi e il palato. I vini biodinamici hanno qualcosa di “spirituale”.
- Non è prevista l’aggiunta di lieviti; gli unici ammessi sono quelli prodotti naturalmente durante la lavorazione. I solfiti presenti nella bottiglia sono perciò piuttosto bassi, in quanto unicamente di origine naturale.
Quali sono le differenze con i vini biologici? I vini biodinamici presentano una qualità spiccata e spesso conseguita con maggiore scrupolosità di quanto non accada nelle altre metodologie, compresa quella biologica, la quale non si concentra di suo sugli aspetti enunciati in precedenza.
D’altro canto, l’agricoltura biologica è più recente rispetto a quella biodinamica, a differenza della quale risulta pienamente normativizzata nell’UE. Ciò vale soprattutto per quanto riguarda i trattamenti, alcuni ammessi e altri no, piuttosto restrittivi.
La differenza più marcata sta nel fatto che non è una filosofia, non è un approccio che parte da teorie di ascolto della natura: tende a definire cosa è legale e cosa non lo è.
Pertanto, un vino biodinamico può presentare anche certificazione biologica, a fronte di una produzione che, per chi è alla ricerca di un prodotto salutare ed eco-friendly, rappresenta una vera e propria sicurezza.
I vini biodinamici italiani più interessanti
Per quanto riguarda i produttori di vini biodinamici, sono diversi quelli che si possono trovare nel Belpaese e che nulla hanno da invidiare a quelli francesi o degli altri Stati dell’UE.
Una delle caratteristiche più interessanti è sorprendentemente il prezzo, anch’esso, come vuole la filosofia di Steiner, sostenibile.
Tra i vini biodinamici italiani segnaliamo in primo luogo la produzione di Alois Lageder, premiato dal Gambero Rosso per il suo Alto Adige Cabernet Sauvignon “Cor Romigberg” 2014.
L’azienda sudtirolese si avvale da oltre sei generazioni dei principi dell’agricoltura biodinamica ed è una vera istituzione su scala nazionale. I vini riflettono pienamente il territorio, a livello fisico come spirituale: tratti che in questa parte d’Italia presentano storie e vicissitudini particolari, dense di intensità emotiva.
Impossibile poi non citare il Syrah di Stefano Amerighi, originario della località toscana di Cortona.
La sua produzione è legata all’osservazione della luna e dei pianeti, come enunciato agli albori della biodinamica, a fronte di una fermentazione che prevede lieviti indigeni. Un vino lavorato con grande attenzione all’etica e alla sostenibilità.
Segnaliamo inoltre le seguenti etichette:
- Radikon, radicata a Oslavia in Friuli Venezia Giulia e portata avanti per molti anni da un maestro quale Stanko Radikon, la cui eredità è stata oggi raccolta dai suoi discendenti.
- Cantine Marabino, con centro a Noto, in Sicilia. Si caratterizza in particolare per la vocazione che interessa bottiglie quali Moscato di Noto e Nero d’Avola, realizzate a patire dal vitigno autoctono del Moscato Bianco.
- Le Macchiole. Un’azienda storica di Bolgheri a conduzione familiare che dal 2010 utilizza il metodo biodinamico, a cui affianca la certificazione biologica dal 2002. La produzione è a base di Merlot, Syrah, Cabernet franc, Chardonnay e Sauvignon blanc.
I vini biodinamici italiani sono tra i più apprezzati su scala internazionale per via dell’eccellente rapporto qualità-prezzo, uno dei migliori in assoluto.
Parliamo di una produzione di eccellenza rimasta umile, senza pretese, con un’attualizzazione quanto mai interessante dei principi di Steiner, la cui eco risuona sempre con grande vigore ancora oggi.