Il momento della vendemmia è di certo sempre decisivo in base alla tipologia di vino che si vuole ottenere in definitiva. L’intero procedimento si fonda sul corretto rapporto fra zuccheri e acidi, oltre che sulla concentrazione polifenolica e su quella aromatica. Non bisogna poi trascurare che sulla sanità dell’uva e i metodi impiegati in fase di raccolta.
In ogni caso l’intero processo che riguarda la trasformazione dell’uva necessita di una vigna, condizioni meteorologiche e terreni ottimali, ma non solo. Bisogna infatti adottare le giuste tecniche di conduzione dei suoli, molte delle quali tramandate nel corso delle generazioni e ancora oggi largamente diffuse.
Maturazione tecnologica e fenolica
Com’è facile immaginare, quando si parla dell’iter che porta dalla vendemmia alla realizzazione del vino, un aspetto determinante è di certo rappresentato dalla maturazione dell’uva e a questo riguardo si distingue fra tecnologica e fenolica.
Più nello specifico, la maturazione tecnologica si riferisce al corretto rapporto fra acidi e zuccheri, allo stesso modo ci come avveniva in passato. La seconda, invece, riguarda le concentrazioni delle sostanze fenoliche presenti nell’uva, solitamente maggiormente presenti nei vinaccioli, oltre che nelle bucce.
Questo genere di maturazione tiene dunque conto della presenza e solubrità degli antociani e dei tannini. In linea generale è possibile affermare che la maturazione avviene nel momento in cui la buccia riesce a rilasciare una generosa quantità di sostanze fenoliche, mentre i tannini dei vinaccioli raggiungono una certa importanza.
La maturazione fenolica nella maggior parte dei casi si verifica a seguito di quella tecnologica. Il risultato sarà di conseguenza una maggiore presenza di componenti fenolici, accompagnata dalla riduzione degli antociani, aspetti che influiscono sul colore del vino, al punto da renderlo particolarmente intenso e vivo.
La situazione ottimale si riesce ad ottenere quando la maturazione tecnologica coincide con la fenolica. Si tratta di un evento non così raro come si potrebbe immaginare e che ricorre quando l’adattamento del vitigno è avvenuto in maniera ottimale, tenuto conto delle condizioni climatiche favorevoli e della corretta conduzione del terreno.
I due tipi di maturazione si distinguono inoltre da quella aromatica che, come del resto suggerisce lo stesso nome, si riferisce alla concentrazione delle sostanze aromatiche, le quali tendono ad aumentare proprio durante la fase avanzata della maturazione. Anche in questa circostanza l’enologo si dovrà preoccupare di trovare il giusto compromesso, senza mai trascurare gli aspetti che interessano la stagionalità.
Alla luce di quanto chiarito, per poter realizzare vini pregiati è quindi necessario conoscere a fondo i processi diversificati che interessano la maturazione dell’uva, in modo da stabilire con una certa precisione quando poter avviare la fase successiva della vendemmia. Solitamente la maturazione è a buon punto nel momento in cui gli acini iniziano ad ingrossarsi e a colorarsi, mentre la polpa assume una consistenza morbida, proprio per via delle alte concentrazioni di fruttosio che si sostituiscono a quelle di fruttosio. Gli acidi, intanto, tendono a diminuire, mentre quelli tartarici rimangono, così da conferire i corretti livelli di acidità al mosto.
Anticamente per poter stabilire quando iniziare la vendemmia veniva eseguita un’analisi basata sul rapporto fra acidi e zuccheri, ma oggi si fa riferimento anche ad altre variabili e per questo si parla di maturità tecnologica, fenolica, che il più delle volte si verificano fra la seconda decade del mese di agosto e la fine di ottobre.
Una completa maturazione può durare dai 20 ai 50 giorni, in base alla zona e alle varietà, ma comporta sempre una modifica alla consistenza della buccia, che tenderà a diventare progressivamente elastica e sottile. Anche i vinaccioli cambieranno, in quanto inizieranno a disidratarsi, mentre l’acino verrà rivestito da una sostanza cerosa. Insomma la maturazione dovrà essere monitorata con costanza, così da fissare il periodo per la raccolta in base al tipo di vino che si vuole ottenere.
Vendemmia manuale e meccanica
Raggiunta la fase della maturazione si passa ad un altro importante step necessario per la produzione del nettare, ovvero la vendemmia che, quando portata a termine in maniera corretta, influenza positivamente le qualità e peculiarità del vino, ovvero determina il successo del prodotto finito.
La raccolta, pertanto, dovrà essere eseguita con la massima cura e per questo la prima cosa da fare è scegliere fra la modalità manuale oppure meccanica. Entrambi i sistemi offrono dei vantaggi, pro e contro, ma richiedono alcune precise accortezze.
Per quanto riguarda la raccolta a mano, questa implica il lavoro dei vendemmiatori, che saranno impegnati a tagliare i singoli grappoli d’uva, senza utilizzare strumenti meccanici. Serviranno quindi impegno, delicatezza e forza, così come è sempre avvenuto nel corso della storia, trattandosi di un sistema antico e ancora oggi molto praticato.
La vendemmia manuale offre sicuramente tutta una serie di vantaggi, a partire dal fatto che assicura elevata qualità dell’uva che viene raccolta e di conseguenza del prodotto finale. I vendemmiatori, infatti, mettendo in pratica l’esperienza acquisita negli anni e le conoscenze tecniche, riescono a selezionare con una certa attenzione le uve che presentano le migliori condizioni, ovvero che hanno raggiunto il livello di maturazione ottimale per poter produrre un determinato tipo di vino. In buona sostanza, attraverso questo metodo si riesce a compiere una selezione mirata e questo vuol dire raccogliere soltanto le uve del vigneto che vantano una qualità superiore.
Bisogna poi considerare che raccogliendo manualmente i grappoli non si fa altro che preservare l’integrità degli acini, così da abbattere il rischio della rottura delle bacche ed evitare la fuoriuscita del mosto. Inoltre verranno meno i disagi legati alle possibili fuoriuscite del mosto, con tutti i fenomeni ossidativi che ne derivano, i quali finiscono per compromettere la qualità del vino.
Naturalmente per la buona riuscita della vendemmia naturale occorre passione, precisione e dedizione da parte dei singoli vendemmiatori. In molte situazioni questo tipo di raccolta è l’unica che può essere attuata, non solo perché imposta dai disciplinari produttivi, ma perché molte aree vitivinicole sono ubicate in punti difficili da raggiungere con i mezzi per vendemmiare.
Quanto agli svantaggi della raccolta manuale si segnalano di certo i costi non così accessibili per poterla sostenere, visto che sarà necessaria una forza lavoro considerevole e tempi tutt’altro che rapidi.
La questione cambia notevolmente quando la raccolta dell’uva viene eseguita attraverso il supporto di apposite macchine, meglio note come vendemmiatrici, in grado di recuperare i grappoli mediante lo scuotimento della pianta. Stavolta i tempi e gli investimenti economici necessari per ultimare la vendemmia vengono ridotti drasticamente, per cui le spese di produzione saranno nettamente inferiori.
I contro di questo metodo, invece, riguardano la qualità dell’uva, che non potrà essere opportunamente selezionata. Le macchine per la vendemmia in definitiva permetteranno di portare in cantina grosse quantità di grappoli in breve tempo, ma che non saranno adeguatamente separati da frammenti di corteccia, foglie e altri residui che possono potenzialmente alterare la qualità del vino, rompere gli acini e provocare la fuoriuscita del mosto fino a scatenare processi ossidativi.
In molte circostanze, tuttavia, l’uso delle vendemmiatrici rappresenta una soluzione obbligata, per poter raccogliere rapidamente e quindi sfruttare il momento favorevole della maturazione, oltre che per ottenere grappoli con il medesimo grado di sviluppo.
A prescindere dal sistema manuale o meccanico che viene di fatto impiegato, la vendemmia è sempre una fase particolarmente attesa da tutti i contadini e dagli enologi che in seguito ad un periodo di attenzioni possono quindi raccogliere i frutti di tanto duro lavoro. Il mese delle vendemmia è quasi sempre quello di settembre, ma a questa regola non mancano eccezioni, considerato che è sempre necessario tenere sotto controllo lo stato di maturazione dei frutti che potrebbe variare in base alla tipologia di vigneto e alle condizione climatiche registrate. Ecco quindi che tante volte la raccolta potrà proseguire fino a novembre.
L’uva e la sua composizione
Molti non sanno da cosa è composto esattamente il grappolo d’uva. Le parti principali sono il raspo e l’acino, che assumono un ruolo determinante nella formazione delle caratteristiche sensoriali del vino.
In linea generale è bene far presente che il raspo si riconosce abbastanza facilmente, in quanto rappresenta la parte legnosa che sostiene l’acino. Quest’ultimo, invece, non è altro che l’insieme delle bacche formato da bucce, semi e polpa. La forma delle bacche non è necessariamente sferica, perché in molti casi può essere tendente all’ovale e persino a corno.
Indubbiamente la buccia si rivela la parte più importante, tanto che il suo peso è pari a circa il 10% del grappolo. Conosciuta in gergo tecnico come fiocino, consente al vino di assumere un preciso profilo organolettico dal punto di vista del colore, del corpo e della peculiarità complessive. Particolarmente leggera, la buccia presenta uno spessore abbastanza sottile ma sempre variabile, perché tutto dipende dal vitigno ed è legato al prodotto che si desidera ottenere. In genere è ricoperta da uno strato tendente al colore bianco, chiamato pruina, che permette di sigillare, quindi di trattenere i lieviti spontanei che si generano nell’ambiente circostante.
All’interno della buccia sono poi racchiuse preziose sostanze, cioè i polifenoli, la cui concentrazione più elevata è rappresentata dai tannini che determinano le caratteristiche principali dei vini, quali ad esempio l’astringenza, tipica di tanti rossi e che si avverte al palato come una sensazione di secchezza.
In aggiunta ai tannini, vanno ricordate le concentrazione dei pigmenti, che sono i principali responsabili della colorazione del vino e fra questi spiccano gli antociani, i quali donano al prodotto finito una caratteristica tonalità che va dal rosso porpora e fino al più intenso rubino. A conferire una certa colorazione contribuiscono inoltre i flavoni, le catechine e i leucoantociani. La buccia rilascia anche tutta una serie di sostanze odorose che finiscono per completare il quadro sensoriale del vino.
L’elevato contenuto di polifenoli e antiossidanti è altresì contenuto del seme dell’uva, denominato vinacciolo, che assieme alle bucce attribuisce al vino diverse proprietà organolettiche. La parte principale dell’acino, invece, è costituita dalla polpa, in cui sono presenti zuccheri come fruttosio e glucosio, acidi organici, pectina, acqua, vitamine e numerosi minerali come calcio, potassio, ferro, fosfati e molto altro.