Solfiti vino bianco: cosa c’è da sapere

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La dicitura “contiene solfiti” è obbligatoria, ma cosa significa concretamente? La troviamo spesso eppure siamo sicuri di sapere cosa c’è dietro. E poi: i solfiti quali tipologie di vino interessano, i bianchi, i rossi o soltanto alcuni. Sono presenti per motivi organici oppure sono legati alla lavorazione che viene conseguita all’interno dell’azienda?

In questo articolo cerchiamo di rispondere a queste domande e a molte altre ancora, andando a scoprire cosa ruota intorno a queste sostanze in particolare per i solfiti vino bianco.

Cosa sono e in che modo avviene la formazione dei solfiti

Quando si parla di solfiti si fa riferimento semplicemente a delle molecole costituite da ossigeno e zolfo. 

A cosa servono? La loro funzione è tanto semplice quanto essenziale: quella di fare in modo di limitare il processo di ossidazione tipico di tutti gli alimenti e presente anche nel vino.

La formazione dei solfiti avviene in maniera naturale e sotto forma di anidride solforosa in alcune varietà d’uva, dove risulta concomitante con il processo di fermentazione. Possiamo perciò affermare che non esiste un vino bianco completamente senza solfiti, nemmeno nella produzione più naturale e biologica.

Come si producono i solfiti nel vino? I passaggi sono i seguenti:

  • Il procedimento deriva dall’azione dei lieviti proprio in occasione della fermentazione.
  • Il loro nutrimento principale sono gli zuccheri, che si trovano a loro volta nel mosto.
  • Dalla relazione lieviti-zuccheri avviene la trasformazione in alcool.
  • Quando si verifica tale interazione è qui che avviene la produzione dei solfiti all’interno del vino.

I solfiti non si trovano soltanto presenti naturalmente nel vino e nella maggior parte delle produzioni vengono aggiunti, secondo diverse quantità. 

A essere integrata è l’anidride solforosa, in genere in forma di metabisolfito di potassio, che funge da stabilizzante e disinfettante. La quantità varia da pochi milligrammi e può raggiungere gli oltre 50 mg per litro.

Solfiti vino bianco: non sono tutti uguali

I solfiti sono tossici? È questa una delle domande che le persone si pongono più di frequente e sulla quale è bene fare chiarezza.

Partiamo col dire che i solfiti nel vino bianco non sono tutti uguali e che la loro qualità dipende da quella dei lieviti. Essi andrebbero selezionati così da risultare in grado di offrire stabilità alla miscela, ottimizzandone le caratteristiche a livello sia olfattivo che visivo nonché naturalmente per quanto riguarda il gusto.

Pertanto, per cercare di rispondere alla domanda iniziale, l’anidride solforosa è considerata tossica: per questo gli organismo nazionali sono intervenuti per dare dei parametri che non risultino compromettenti per la salute. 

Si sono cercate, nell’ambito enologico, alternative in grado di supplire alla sua azione, ma non ne sono state al momento trovate di altrettanto efficaci né tantomeno di più salutari.

L’aggiunta dei solfiti avviene nel vino bianco e in quello rosso fin dalle prime fasi, ovvero a partire dalla relazione con il mosto, e perdura fino alla procedura dell’imbottigliamento. 

Cosa è previsto a livello normativo

La regolamentazione dei solfiti è un aspetto essenziale e non solo per quanto riguarda il vino: non è infatti l’unico alimento all’interno del quale sono contenuti. Tra gli ingredienti che consumiamo ogni giorno in cui l’anidride solforosa risulta normalmente impiegata troviamo marmellate e conserve, succhi di frutta, alimenti sott’olio e molti altri ancora. 

Siccome si tratta di una componente che in certi dosi non fa bene alla salute e in alcune persone tende a scatenare reazioni di tipo allergico, è stato disciplinato il fatto che vada dichiarata in etichetta

Non sempre, tuttavia, la dicitura è chiara, anche perché è previsto non l’utilizzo del nome completo quanto piuttosto l’impiego di diciture codificate e per chi non le conosce di per sé incomprensibili, sicuramente non esplicite.

Si tratta, per entrare nel dettaglio, di codici alfanumerici che vedono il la lettera E seguita da numeri che vanno dal 200 al 220, e quindi: E220, E221, E222, E223, E224 e via dicendo, fino all’E228. In tutti questi vasi nell’alimento è prevista un’aggiunta di un composto a base di anidride solforosa.

Esiste una dose che è bene non superare di solfiti a livello giornaliero? Secondo diversi studi, ma anche in base a quanto definito dalla legge, la risposta è sì. Il parametro che non si dovrebbe superare è di 0,7 mg al giorno per ogni kg del peso corporeo.

Pertanto, è importante leggere sempre con attenzione le etichette e vale non soltanto per il vino, ma per tutti gli alimenti che si mettono nel carrello della spesa, in maniera da non eccedere nel consumo, involontario certamente, di anidride solforosa e dei suoi derivati.

Vino bianco: quantità di solfiti e produzioni senza solfiti

La quantità di solfiti non è uguale per tutti i vini: ce ne sono alcuni che ne hanno di più e altri che invece ne hanno di meno. 

Molti pensano che tale percentuale sia maggiore nelle produzioni a bacca bianca, ma in realtà non è così: sono i vini rossi a detenere il primato, essendo proprio in questo tipo di varietà di uve, e in particolare nella buccia, che vi è una maggiore concentrazione.

Pertanto la legge in vigore in Italia individua quattro categorie principali  a seconda del dosaggio dei solfiti. Riportiamo i parametri generali per dare un quadro d’insieme, ma ci possono essere ulteriori varianti per particolari tipologie di vino:

  • Convenzionale. La quantità consentita è:
  • 150 mg/l nei vini rossi;
  • 200 mg/l nei vini bianchi;
  • 250 mg/l nei vini dolci;
  • 400 mg/l nei vini passiti e muffati.
  • Biologico. A stabilire la quantità di solfiti è in questo caso l’UE, nel dettaglio:
  • 100 mg/l nei vini rossi con residuo di zucchero inferiore a 2 mg/l;
  • 100 mg/l per i vini rossi con residuo di zucchero tra 2 e 5 mg/l;
  • 150 mg/l per i vini bianchi e rosè con residuo di zucchero inferiore a 2 mg/l;
  • 170 mg/l per i vini bianchi e rosè con residuo di zucchero tra 2 e 5 mg/l.
  • Naturale. Il livello massimo di anidride solforoso contemplato per questa categoria è di 30/40 mg/l.
  • Vino senza solfiti. Rientrano in tale dicitura le produzioni che vedono una quantità di solfiti inferiore a 10mg/l.

Per concludere, non esiste un vino bianco completamente privo di solfiti, ma la quantità tende a essere diversa in base alla categoria di appartenenza. Un elemento da valutare con serenità, visto che anche i vini convenzionali risultano sicuri, e allo stesso tempo con consapevolezza.

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