Per tutti i viticoltori questo è buon momento per partire con la potatura della vite, che si tratti di quella a tipologia lunga oppure corta, ciò servirà comunque a garantire un equilibrio vegetativo e produttivo dell’impianto di alto livello, favorendo in questo modo una qualità superiore della propria uva.
Nella maggior parte dei casi, una buona potatura dovrà essere eseguita prevedendo l’uso della legatura dei tralci della vite. Questo tipo di operazione ancora oggi è realizzata per la maggior parte manualmente, pur se con l’ottimo supporto di legatralci elettriche che possono aiutare a ridurre tempi e costi di gestione.
Ma cerchiamo di capire meglio come avviene questo processo e perché una corretta legatura permette una corretta fotosintesi clorofilliana, così da consentire un adeguato equilibrio vegeto-produttivo e, di conseguenza, una qualità e una resa alle altezze delle aspettative.
La legatura dei tralci di vite, un must per qualsiasi viticoltore
Durante la potatura, il posizionamento e quindi la legatura dei tralci della vite sono fondamentali, sia per il mantenimento della forma di allevamento scelto, così da indirizzare quindi la crescita vegetativa secondo gli obiettivi prefissati, sia per garantire un giusto equilibrio produttivo.
Queste operazioni riguardano nel dettaglio le forme di allevamento con tralcio rinnovabile, come Guyot, Archetto e Capovolto, più o meno utilizzate nei diversi territori viticoli italiani, a seconda delle caratteristiche delle tante varietà coltivate e dei terreni interessati.
Ancora oggi il processo resta per la quasi totalità manuale. Anche se i lacci di origine vegetale come i salici, la ginestra e la rafia che un tempo venivano largamente utilizzati dalla maggior parte degli addetti ai lavori, sono stati oggi sostituiti da materiali sintetici e metallici.
Una nuova modalità che ha certamente portato a costi più contenuti e una facilità d’uso maggiore, insieme al supporto delle numerose legatrici elettriche in commercio, che ha consentito la massima riduzione dei tempi e degli sprechi economici.
Come avviene la legatura dei tralci della vite
La filiera vitivinicola è uno di quei settori che richiede sicuramente lavori durante tutto il corso dell’anno e non solo quelli legati unicamente alla fase più nota della vendemmia. Bisogna ovviamente partire da una conoscenza completa e profonda delle principali fasi di gestione del vigneto, così come delle esigenze specifiche delle differenti forme di allevamento scelto.
A questo proposito, la legatura dei tralci della vite è uno degli interventi necessari se si vuole ottenere una produzione rigogliosa e di qualità, sia che ci si interessi di uva da tavola che di uva destinata alla vinificazione.
Come già accennato, le strategie più tradizionali e ancora oggi largamente utilizzate vengono affiancate da efficienti attrezzature moderne che supportano il lavoro e ne assicurano risultati nettamente più rapidi e performanti.
Nella maggior parte delle forme di allevamento a controspalliera la legatura servirà a fissare i tralci fruttiferi al sistema di palificazione, ma potrà servire anche per fissare gli organi permanenti della vite alle strutture portanti del vigneto o i tutori ai fili orizzontali sul filare.
Il tralcio legnoso, solo all’apparenza inanimato e che punta in alto, sulla sommità dei ceppi, dovrà essere piegato su un filo di ferro e legato a esso. Operazione che tradizionalmente può ancora essere eseguita come una volta, ovvero con legacci ricavati dall’albero di salice.
In entrambi i casi si tratta di una “costrizione” che serve a concentrare l’alimentazione della linfa verso le gemme che sono presenti nella zona ricurva, così da ricreare un archetto.
Il tralcio produttivo dovrà essere legato orizzontalmente al filo di banchina, ciò prima dell’inizio del germogliamento, così da non danneggiare le gemme della vite. La legatura avrà appunto lo scopo di rendere uniforme lo sviluppo vegetativo dei germogli e rendere così equilibrata tutta la produzione dell’uva.
Legatura tra modernità e tradizione, due modelli a confronto
A marzo i vigneti verranno potati e legati con l’inizio del risveglio vegetativo della vite, pronti per la nuova stagione che partirà a fine mese a ridosso dello sviluppo dei germogli.
Legare le viti è un lavoro faticoso, che richiede molto tempo e soprattutto molta manualità, cosa che non tutti purtroppo possiedono e questo potrebbe portare a un lavoro non a regola d’arte. Nel tempo, per semplificare questa operazione e renderla più veloce, la maggior parte dei produttori utilizza quindi degli appositi strumenti, come pinze legatrici e fascette di plastica.
Prodotti sintetici e metallici che hanno sicuramente costi più contenuti e facilità d’uso, ma che rilasciano anche materiali non organici.
Oggi i lacci di origine vegetale quali i salici, la ginestra, la rafia, un tempo molto diffusi, sono stati a mano a mano sostituiti, ma non del tutto.
Se parliamo di tradizione, infatti, non si può non fare cenno al fatto che spesso la legatura del tralcio viene ancora eseguita come una volta, come ad esempio con i rami del salice. Ancora oggi è possibile vedere numerose piante di salice nei vigneti, a dimostrazione che tutto ciò non è nato per caso.
Moltissimi i viticoltori in tutto il territorio ancora adoperano questo antico sistema, rispettoso più che mai dell’ambiente. I fasci di salice vengono in questo caso raccolti in inverno, divisi per diametro, puliti e poi messi a bagno, in modo tale da migliorarne notevolmente la loro elasticità.
Puntando a un modo di fare viticoltura più che mai sostenibile, questo è di certo un buon punto di partenza per non dimenticare le pratiche quotidiane e soprattutto per mantenere vivo nelle nuove generazioni il ricordo delle antiche tradizioni.
Le problematiche di un lavoro fatto male
Non è raro che una legatura vada a discapito della vite, soprattutto quando i tralci vengono legati in modo troppo stretto. Tutto questo potrebbe infatti portare a stressare la vite e agevolare l’attività infettiva dei patogeni.
I cordoni di vite avvolti strettamente dal filo di legatura sono probabilmente più suscettibili all’infezione di agenti di decomposizione. Non è da escludere, poi, che così facendo i funghi del legno siano agevolati nell’incentivare il deperimento delle piante.
Ciò significa che stringere con forza i tralci di vite, se da un lato può essere necessario ai viticoltori al fine di fornire maggiore stabilità alla chioma e favorire quindi la meccanizzazione delle operazioni, dall’altro potrebbe influenzare i flussi di acqua e le sostanze nutritive che arrivano alla pianta attraverso i vasi linfatici.
Ciò porterebbe a compromettere la normale funzionalità della pianta e ad aumentare le condizioni di stress idrico e termico.