Il Marsala è uno dei più famosi vini fortificati del mondo. Viene prodotto esclusivamente nella città di Marsala, nell’estremo ovest della Sicilia, in provincia di Trapani. Come molti altri vini fortificati di altre parti d’Europa, anche il Marsala ha visto un notevole calo di popolarità e vendite negli ultimi decenni, anche se negli ultimi anni si sta cercando in tutti i modi di recuperare la sua fama un tempo così brillante. Lo stile del vino Marsala è stato originariamente creato dal mercante di vino inglese John Woodhouse, specializzato nella distribuzione di Porto, Sherry e Madeira e giunto a Marsala nel 1770. Grazie a lui, il Marsala acquisì rapidamente una solida reputazione nel mercato britannico. Gran parte del vino all’epoca fu venduto alla flotta britannica, nel suo momento di massima espansione. Per ordine dell’ammiraglio Nelson si arrivarono ad imbarcare fino a 500 barili l’anno. Dovettero passare due secoli (nell’aprile del 1969) perchè i vini Marsala ricevessero la denominazione DOC, solo pochi mesi dopo che l’Etna divenisse la prima DOC della Sicilia. Il primo disciplinare di produzione per i vini Marsala era molto permissivo, consentendo rese produttive eccessivamente elevate. A peggiorare le cose, a quei tempi il governo italiano incoraggiava attivamente i produttori di vino ad aumentare i raccolti. I sussidi governativi hanno aiutato i produttori a convertire le vigne dal tradizionale metodo di allevamento ad alberello ai metodi più produttivi di guyot e tendone (pergola). Si utilizzava anche l’irrigazione per aumentare le rese e molti produttori hanno persino abbandonato le tradizionali varietà di uva da Marsala, Grillo e Inzolia, a favore del più produttivo Catarratto (ancor oggi la varietà più coltivata in Sicilia). Ciò ha portato non solo ad ottenere un maggior numero di grappoli per ceppo, ma anche a uno scadimento della qualità del vino di base da cui si ottenenva il Marsala. Il risultato finale è stato che, anno dopo anno, sono state riversate sul mercato enormi quantità di Marsala di bassa qualità, con basso contenuto di zuccheri naturali, addolciti con zucchero di canna, che ulteriormente deteriorava la tipicità dei vini. Oltre all’uso dello zucchero di canna, il Marsala veniva anche prodotto come vino aromatizzato, per esempio al caffè o cioccolato, alterando del tutto le caratteristiche naturali del vino. Tutto questo ha affossatol’immagine di Marsala come prodotto di qualità, condannandolo all’utilizzo prevalente come vino da cucina. Ora il vento è girato e la tendenza è quella di ritornare alle origini, ma il processo è lungo e difficoltoso. Il progressivo allontanamento dei consumatori dalle tipologie fortificate sicuramente non è di aiuto agli sforzi qualitativi dei produttori. Il disciplinare di produzione è stato rivisto nel 1984 e, con l’obiettivo di incoraggiare la qualità rispetto alla quantità, sono state ridotte le rese di produzione per i vigneti, portandole a 100 quintali per ettaro per le uve bianche e 90 quintali per le rosse. Trent’anni dopo si intravedono segni di recupero, ma difficilmente il Marsala riuscirà mai a riconquistare la gloria che un tempo conosceva.
Il Marsala di oggi può essere prodotto utilizzando dieci varietà di uva, tra cui i tradizionali Grillo e Inzolia e il Catarratto (nelle varietà Catarratto Bianco Comune e Catarratto Bianco Lucido). Le altre uve ammesse sono gli autocotni Pignatello, Nerello Mascalese e Damaschino e l’unica varietà che viene coltivata anche al di fuori della Sicilia, il Nero d’Avola. Il Marsala rubino deve essere ottenuti da almeno il 70% di varietà a bacca nera. Cinque tipologie di Marsala sono legate alla maturazione dei vini: fine (un anno), superiore (due anni), superiore riserva (quattro anni), vergine o soleras (cinque anni) e infine vergine o solera stravecchio (dieci anni). Le tipologie sono integrate dalle menzioni ufficiali relative al colore e al contenuto zuccherino dei vini: oro, ambra e rubino descrivono le tonalità dei vini; secco (max 40 g/l), semisecco (40-100 g/l) e dolce ( più di 100 g/l) indicano la quantità di zucchero nel prodotto finito.